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MORENA CALZOLARI |
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sabato, 20 luglio 2019 11:04:33 |
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BOLOGNA |
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UN PENSIERO SULLE SUE MEMORIE ED UNA PRECE PER L’ANNIVERSARIO DI DON LIBORIO, il 17 luglio 2019 Oggi, don Liborio, vogliamo ricordarla ripercorrendo le sue parole e le osservazioni lungimiranti. Noi che ora siamo liberi di giudicarla e rendere giustizia alla storia ed ai fatti della sua vicenda umana, fino all’epilogo triste di questo giorno che oggi commemoriamo, sappiamo con certezza che ha sempre cercato il bene del suo paese e che se non riuscì a conseguirlo come desiderava non fu per la pochezza del suo ingegno e per difetto di devozione alla Patria ed ai più larghi principi della vera libertà e della giustizia. I governi ed i partiti, don Liborio, proprio come accadeva alla fine dei suoi anni, sempre se ne dimenticano: ma sono ancora quelli i soli rimedi ai pubblici mali, i soli mezzi per prevenire le rovine ed i lutti delle rivoluzioni; e quel che ancora oggi, come e più d’allora, dovrebbe premere, sono i pericoli della questione sociale che, non ancora curata, travolgerà governi, uomini e cose, come a nessuno è dato di prevedere, e perciò, come lei ci ha insegnato, su tutti, più che mai, dovrebbe incombere il supremo debito di scongiurare. E non la dimenticheremo, don Liborio: ritorneremo ancora sulle sue parole a meditare ed a sperare, che gli uomini ricordino che chi alla Storia ha dato valore e umanità e dedicato la propria vita al bene degli uomini, merita rispetto, un pensiero, una prece ed un fiore.
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MORENA CALZOLARI |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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sabato, 20 luglio 2019 11:03:30 |
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BOLOGNA |
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Recensione a cura del Dott. Corrado Incerti * – Presidente della Giuria del 4° Bando letterario internazionale 2018 di Poesia, Narrativa e Saggistica “Veretum” Sezione Saggistica 1° classificato:Morena Calzolari di Alliste (Lecce) con il saggio: LA LEZIONE DEL PROFESSOR LIBORIO ROMANO E’ questo di Morena Calzolari di Alliste, in provincia di Lecce, un saggio sulla vita politica dell’avvocato don Liborio Romano di Patù lucido, colto appassionato. Lucido perché riesce ad illustrare con chiarezza il difficile e tormentato passaggio di Napoli e dell’intero Meridione, a metà dell’Ottocento, dal regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia dei Savoia e di Camillo Benso conte di Cavour. Colto perché approfondisce i complessi rapporti tra due Italie popolate da personaggi a volte idealisti e più sovente furbi, faccendieri e voltagabbana. Appassionato perché difende la storia personale e politica di questo illustre uomo di Patù, che a Patù nacque e a Patù morì, osteggiato e spesso vilipeso dai potenti del tempo, ministro dell’interno sia con i Borboni che con i Savoia e per questo bollato anche come “traditore”, ma che è indubbio che riuscì a gestire il passaggio all’unità d’Italia con rari spargimenti di sangue, anche a costo di allearsi sottobanco con personaggi di dubbia morale. Nel Salento non c’è cittadina senza una via dedicata a Don Liborio, ma in Italia è un po’ dimenticato. Per questo motivo il saggio di Morena Calzolari è di particolare valore storico e culturale. Patù (Lecce), 13 luglio 2019 Palazzo Liborio Romano
(*) Corrado Incerti di Roma è un giornalista Rai, inviato per gli esteri del quotidiano “Avvenire”, l’”Europeo” e “Panorama”, scrittore
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MORENA CALZOLARI |
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sabato, 20 luglio 2019 11:01:58 |
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BOLOGNA |
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Presentazione del saggio: LA LEZIONE DEL PROFESSOR LIBORIO ROMANO di Morena Calzolari
Per chi come me ama la storia, i suoi protagonisti, le sue pietre, essere qui, nel luogo che di pietre ne ha un patrimonio immenso, e ricordare un’importante figura del Risorgimento, il cittadino più autorevole di questo bellissimo paese proprio nella sua casa, è un vero privilegio. Sono grata alla giuria per il giudizio positivo sul mio lavoro, un grande grazie al Presidente ed alla Proloco tutta, realtà tanto attiva che onora le sue finalità istituzionali, anche attraverso lo strumento del concorso letterario internazionale, accogliendo la creatività di persone giunte da lontano e stimolando la conoscenza e lo studio di questi luoghi. Ed è proprio grazie a questo concorso letterario che io devo la nascita della mia curiosità per don Liborio Romano, su cui tanto c’è ancora da studiare e capire, e per le vicende di questa terra legate al Risorgimento ed agli eventi precedenti all’Unità d’Italia. Di lui sono state dette e scritte offese importanti, espressi luoghi comuni e giustizialisti, come di rado è avvenuto per altre figure politiche della nostra storia e nel mio indagare sul politico di Patù c’è stata la ricerca di cosa poteva avere scatenato tanto astio e pregiudizio. In questo saggio l’ho voluto interfacciare ad uno dei suoi maggiori detrattori, Costantino Nigra, allora emissario di Cavour al Sud, che la storia ci ha consegnato in veste più positiva, mentre il suo percorso individuale e le parole nelle sue corrispondenze col Conte piemontese, denotano una figura di ben diverso livello. Gli scritti, di Romano, di altri su di lui, le corrispondenze e gli atti parlamentari, la sua biografia, nonché i comportamenti nei confronti della sua gente, che al di là dei giudizi di valore sono ciò che di una persona ci restituisce le verità nascoste e l’essenza vera della personalità, delineano un uomo di ben altro spessore e non certo l’”inventore del trasformismo” come è stato definito. Carboneria e massoneria erano gli ambienti in cui i giovani liberali di buona famiglia come lui attuavano la loro ribellione al regime borbonico del Regno di Napoli, tanto lontano dalla Terra d’Otranto: la forza dell’appartenenza all’associazione ed i legami fraterni che in essa cementavano un credo comune, erano stati il suo modo di approcciare il potere, che gli aveva risposto fin da giovane, e per anni, con reclusioni, esili e persecuzioni, anche di familiari ed amici. Da questo difficile luogo, quale era il Salento agli inizi del 1800, il giovane Romano si era affacciato dalla provincia al mondo, prima con gli studi a Lecce, poi con una brillante carriera di professore, giurista, avvocato e di politico, ma la dimensione che lo accolse era una realtà ben lontana da quella dei galantuomini leucani e lo avrebbe avvicinato alle peggiori esperienze e comportamenti umani; ne uscì dileggiato, emarginato e deluso: dalle persone, dai progetti e dalla mancata realizzazione degli propri ideali. Eventi storici epocali, i disegni politici dei grandi stati europei e delle figure di essi rappresentativi furono gli elementi della cronaca in cui il professore, avvocato di Patù ricoprì i suoi incarichi pubblici importanti, solo per circa un anno. Era una figura forgiata da grandi valori, che si trovò di fronte ad accadimenti che nessun Ministro degli Interni più abile avrebbe potuto ostacolare. Dall’idea del male minore per la popolazione di fronte al disegno ormai definito dell’Unità d’Italia, all’arrivo nel Regno di Napoli di Garibaldi, finanziato e promosso dalla massoneria inglese e dalle grandi potenze europee che avevano già deciso le sorti del Regno, per aver concordato coi capi della malavita napoletana una sorta di armistizio e collaborazione per evitare uno spargimento di sangue fra la gente, fu tacciato di essere un faccendiere ed addirittura amico della Camorra. Non più tardi di 12 giorni fa, in una trasmissione tv su Rai 3, ho sentito su di lui, da parte di un illustre giornalista, la peggior cosa che possa essere detta di una persona, la sintesi di una carriera in una definizione, e nello specifico: camorrista. Da parte di autorevoli studiosi sono state imputate a Romano responsabilità ben superiori a quelle derivanti dagli incarichi ricoperti ed egli merita una difesa senza preconcetti, un no al disprezzo gratuito ed alla superficialità, alle etichettature volgari, informazioni errate ed ai giudizi falso-moralistici, a questa sorta di lettura del passato coi codici in voga oggi: del mero interesse personale, narcisismo e desiderio di autoaffermazione, di trasformismo, bollati con la paternità del politico di Patù. La lectio magistralis del professor Romano, che si dipana dal suo agire come persona, si compendia nella disamina ampia della sua lunga e dettagliata relazione a Cavour su quanto fosse da evitare nella fase dell’unificazione d’Italia, la lungimirante premonizione di cosa sarebbe accaduto se l’amministrazione del nuovo Stato non avesse tenuto in debito conto la reale situazione delle genti del Sud, dei loro disagi e necessità. Più che un traditore di una causa, fu un tradito: dalle persone che riteneva fidate, dai suoi stessi conterranei rispetto alla causa comune, una volta conquistato un seggio nel nuovo Parlamento, e dagli esponenti dei poteri occulti, che non solo gli voltarono le spalle, ma lo ostacolarono in ogni modo; fu un gentiluomo meridionale, come ebbe a definirlo Cavour dopo averlo voluto conoscere di persona, e che, se non fosse morto subito dopo il loro incontro, ne avrebbe accolto di buon grado i saggi suggerimenti su come gestire il processo di unificazione del Regno, dribblando faccendieri, arrivisti e gente di pochi scrupoli, oltre che i falsi amici ed i collaboratori opportunisti, assurti poi agli onori della storia, a fronte di tanto fango gettato su Romano, secondo una strana, anomala, quanto ricorrente vittoria dei mediocri sui migliori e del male sul bene.
Patù, 13 luglio 2019
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