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Giovanni Spano |
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Scritto da |
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lunedì, 6 luglio 2009 09:48:01 |
Messaggio |
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Signor Rosario Mastroleo, felicissimo che le mi abbia fornito questa grande quantità di materiale, al quale io le vorrei rispondere voce per voce. Intanto mi scuso per aver letto solo oggi le sue lettere. La posso assicurare che molte |
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Giovanni Spano |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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lunedì, 6 luglio 2009 09:20:03 |
Località |
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Patù |
E-mail |
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info@donliborioromano.it |
Sito Web |
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http://www.donliborioromano.it |
Messaggio |
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Gentilissimo signor Paolo, se il sito crea qualche problema, per l'inserimento degli articoli, me li può mandare direttamente all'indirizzo dell'associazione o a info@albergomammarosa.it, provvederò io a inserirli e a rispondere. |
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Rosario Mastroleo |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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martedì, 23 giugno 2009 11:14:01 |
Messaggio |
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Da molti anni Giovanni Lubrano segue come storico le vicende militari e politiche della patria Italia ed è commendatore della Repubblica dal 2 giugno 2003.
LUBRANO – Con un decreto dittatoriale del 7 settembre del 1860 Garibaldi si attribuì mano libera sui depositi pubblici delle Banche delle Due Sicilie. Ricorderemo ricevute esistenti, a firma Garibaldi, per il prelievo, in unica soluzione, di circa un milione di ducati – pari a circa 450 miliardi di lire – dal Banco di Sicilia e più del doppio – mille miliardi di lire - dal Banco di Napoli ‘per la causa’ ovvero per le spese della spedizione dei Mille; senza dimenticare i prelievi dei luogo tenenti di Garibaldi in Sicilia ‘per le necessità di governo della dittatura’. * Andiamo avanti. 25 settembre: Garibaldi assegna una pensione vitalizia di 60 ducati pari a 13000 euro alla figlia di Carlo Pisacane. 29 settembre: elargizione di 2000 ducati, (450000 euro) alle sorelle di Agesilao Milano, giustiziato per aver attentato nel 1857 alla vita di Ferdinando II di Borbone. 1 ottobre: viene concesso a due società toscane l’appalto di tutte le ferrovie meridionali. Esse sono di proprietà di Augusto Adami, pisano e Adriano Lemmi grande frammassone, livornese e cognato dell’Adami. 5 ottobre: 60 milioni di euro all’armatore Rubattino per le perdite dei piroscafi ‘Cagliari’ (spedizione di Carlo Pisacane) e del ‘Piemonte’ e del ‘Lombardo’ piroscafi restituiti e pagati prima del loro sequestro. L’intrallazzo si perfezionò dopo l’incontro a Modena tra il Rubatino, Vittorio Emanuele II e Cavour in cui l’armatore genovese aveva chiesto che fossero loro a garantire il pagamento delle navi: l’atto venne stipulato il 3 o 4 maggio dal notaio torinese Gioacchino Vincenzo Baldioli, nella sua abitazione privata di via Po. 19 ottobre: Garibaldi abolisce i dazi protezionistici. 23 ottobre: decreto che toglie dai beni della Casa Reale sei milioni di ducati pari a 1350 milioni di euro da distribuire a coloro che avevano subito ‘ingiustizie e persecuzioni dai Borboni’. Altre perle: 60.000 ducati pari a 13.500.000 euro a Raffaele Conforti, ministro ‘costituzionale’ per soli 40 giorni, come se avesse rivestito tale carica ininterrottamente per 12 anni. ** Antonio Scialoja assegna a se e a suo padre la ‘modica’ somma di 200.000 ducati, pari a 40.505.000 euro firmando da solo l’ordine di prelevamento. Aurelio Saliceti si fa assegnare, con soli 10 anni di servizio nella magistratura, la pensione di 2250 ducati, equivalenti a 52.500.000 euro pari a quella di un Consigliere di Cassazione con 40 anni di servizio. Alexandre Dumas è nominato sovrintendente degli scavi archeologici di Pompei e di Ercolano: viene strapagato, presentando il conto al ministero dell’Istruzione. Alla fine del suo impegno napoletano, che durò fino al novembre del 1860 quando fu cacciato dal ‘galantuomo’, consegnò al governo piemontese una nota spesa di 86690 lire piemontesi che gli venne pagata. Poi ne chiese altre 7743, oltre a proporre di scrivere un libro sulle ‘malefatte’ dei Borboni con un modesto anticipo di 40.000 ducati. Sembra – secondo Montanelli e Nozza – che avesse ricavato anche quattrini dalla vendita al dettaglio di armi che Bertani, strettissimo ed influente consigliere di Garibaldi, gli aveva già pagato con 500.000 ducati. Alla camorra, ‘da distribuire ai bisognosi del popolino’ vengono assegnati 75.000 ducati pari a 17 milioni di euro. Con un ennesimo decreto del 26 ottobre, Garibaldi attribuisce una pensione vitalizia di 12 ducati mensili (2700 euro) a Marianna de Crescenzo, detta Marianna la sangiovannara, sorella del capo della camorra Salvatore, ‘uomo di fiducia’ Liborio Romano; a Antonietta Pace, Carmela Faucitano, Costanza Leipnecher e Pasquarella Proto, cioè all’intero vertice femminile della camorra. Il ‘prelievo’ avviene con un semplice biglietto scritto e senza alcuna giustificazione. Nel giro di due mesi le casse dei Borboni vengono ripulite perché i garibaldini hanno messo le mani su 90 milioni di ducati pari ad oltre 2 miliardi e mezzo di euro. (4° continua) * Aldo Servidio, ‘L’Imbroglio Nazionale – Unità e unificazione dell’italia (1860-2000) Alfredo Guida editore Napoli 2002. ** 1848 Ferdinando II di Borbone aveva concesso una nuova costituzione , anticipando di alcuni mesi il ‘cuginetto’ Carlo Alberto di Savoia, quello del ‘Fatal Novara’. |
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paolo |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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sabato, 20 giugno 2009 00:10:42 |
Località |
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chiaramonte/Ragusa |
E-mail |
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wsicilia@libero.it |
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Caro Sig. Spano, al momento tutto è ritornato funzionante. Grazie. Paolo |
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paolo |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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sabato, 20 giugno 2009 00:08:31 |
Località |
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chiaramonte/Ragusa |
E-mail |
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wsicilia@libero.it |
Messaggio |
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Carissimo Sig. Spano, a più riprese ho cercato di inviare taluni articoli senza tuttavia riuscirci, e-mail comprese. In particolare, dopo la scrittura del messaggio, compresa la battitura dei cinque numeri del codice sottostante, esce la dicitura di errore; seppure lo scrivente non è molto bravo al computer, ritiene tuttavia che c'è qualcosa che mi sfugge nella procedura. Può aiutarmi o spiegarmi la causa di tale disguido ? Grazie. Paolo |
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Rosario Mastroleo |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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venerdì, 19 giugno 2009 23:56:13 |
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L’Associazione Culturale “Due Sicilie” di Gioiosa Jonica (RC)
SAVOIA? NO, GRAZIE
1° febbraio 1862 il turpe Liborio Romano, quale deputato, propose nel parlamento piemontese di vendere tutti i beni demaniali e degli istituti di beneficenza delle Due Sicilie a prezzo minore del valore reale, a rate fino a 26 anni, pagabile con titoli di Stato al 5%.
25 GIUGNO 1874: L’ASTA DELLA VERGOGNA! Vendita dello STABILIMENTO METALLURGICO di MONGIANA
In "ottemperanza" alla Legge 23 Giugno 1873 ed in sintonia con il programma di "liberazione" del Sud, il nuovo Regno d'Italia liberava i meridionali di uno dei complessi industriali più considerevoli esistenti nell'ex Regno delle Due Sicilie: lo STABILIMENTO METALLURGICO di MONGIANA (1.500 operai). Venivano lasciate sul lastrico 1.500 famiglie di operai, fino a quel momento regolarmente salariati; si procedeva cinicamente e spudoratamente allo smantellamento del più grande complesso industriale siderurgico della penisola italiana, che il nuovo Stato, già nel 1862, includeva tra i beni demaniali da alienare.
Il complesso siderurgico calabrese di Mongiana, Stilo e Ferdinandea era, fino al 1860, il maggiore produttore di materia prima e semi-lavorati per l'industria metalmeccanica lavorando a pieno regime 13.000 cantaja di ghisa annue (1.167 tonnellate), senza alcun segnale di crisi. Nel 1862 la produzione viene più che dimezzata, insieme ai dipendenti dello stabilimento, posti in cassa integrazione e, quindi, licenziati. Contemporaneamente si registra un incremento degli stabilimenti dell'area ligure-piemontese (l'Ansaldo, che prima del 1860 contava soltanto 500 dipendenti, dopo questa data li raddoppia).
Il Regno d’Italia dei Savoia cancellò l’industria meridionale ed utilizzò le risorse del Sud per finanziare lo sviluppo economico del Nord.
Gli operai calabresi di Mongiana chiedevano di continuare a lavorare nei loro paesi: furono costretti ad emigrare (o a diventare "briganti"). Fabbriche, officine, forni di fusione, boschi, segherie, terreni, miniere, alloggi e caserme: tutto il complesso mongianese diventò la "casa di campagna" di Achille Fazzari, ex garibaldino, che l'aveva "acquistato" all'asta per poco più di cinquecentomilalire! Nessuno più ha memoria di questa vicenda. Mongiana è oggi un piccolo paese, tra i più spopolati e poveri della Calabria. I calabresi e tutti i meridionali costretti ad emigrare attendono ancora di veder riconosciuta e restituita dignità al proprio passato! |
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Rosario Mastroleo |
IP: xxx.xxx.xxx.xxx |
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Scritto da |
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venerdì, 19 giugno 2009 22:22:16 |
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LETTERA AI SINDACI ITALIANI INOLTRATE OLTRE MILLE LETTERE LE PRIME RISPOSTE DEI COMUNI Gioiosa Jonica, novembre 2003 INOLTRATE OLTRE MILLE LETTERE L’ASSOCIAZIONE CULTURALE DUE SICILIE di Gioiosa Jonica ha già inoltrato oltre mille copie della seguente lettera, destinata a tutti i Sindaci italiani. ____________________________________________________________________________________________________________ LA STORIA NON PERDONA NEPPURE AI VINCITORI:E’ L’ORA DI RIVEDERE LA TOPONOMASTICA CELEBRATIVA DEL RISORGIMENTO Egr. Sig. Sindaco, in un saggio dal titolo “La repressione del dissenso politico nell’Italia liberale: stati d’assedio e giustizia militare” (“Rivista di storia contemporanea”, 1976, n. 4), l’ex magistrato ed ex presidente della Camera dei Deputati, Luciano Violante rileva l’illegittimità costituzionale di una legge del 1863 (con riferimento all’art.71 dello statuto albertino), rivolta alla repressione del brigantaggio nelle province meridionali, tristemente nota come legge Pica dal nome del suo presentatore. Indipendentemente dal giudizio tecnico-politico sulla costituzionalità della legge, la valutazione che la storiografia italiana ha dato, a partire dalle opere di Piero Gobetti e di Antonio Gramsci, e continua a dare, sulle operazioni militari dirette alla repressione del moto è pesantemente negativa: una macchia sull’onore dell’esercito piemontese. E’ un fatto che questo si rese colpevole di uccisioni indiscriminate di briganti, e di non briganti a mero scopo intimidatorio, di fucilazioni sommarie di contadini e contadine, dell’incendio e del saccheggio di centinaia e centinaia di villaggi, di stupri e di altre violenze private, della persecuzione dell’intera classe dei poveri. La repressione del brigantaggio fu un’operazione selvaggia, che determinò l’insicurezza del vivere per i cittadini di una ventina di province e segnò di amare conseguenze tutte le regioni meridionali per oltre un cinquantennio. Non si tratta di un giudizio, ma della dura rappresentazione dei fatti. In particolar modo la condanna della storia si abbatte su Nino Bixio, Raffaele Cadorna, Enrico Cialdini, Giuseppe Govone, Alfonso La Marmora, Giuseppe Pica, Ferdinando Pinelli, Pietro Quintini, Gaetano Sacchi, Silvio Spaventa (cfr. le brevi notizie biografiche allegate). Qualunque celebrazione di questi personaggi è un’onta alla civiltà, al diritto, alla morale corrente, alla memoria storica ed alla dignità delle popolazioni meridionali. Siamo certi che Codesta Municipalità, come primo atto, vorrà rimuovere le lapidi o altri pubblici segni che ne ricordino il nome e che vorrà cambiare la denominazione delle vie e delle piazze a costoro intitolate, dedicandole a chi ha reso veramente onore alla cultura ed alla civiltà. Il Presidente Nicola Zitara
Nino Bixio, luogotenente garibaldino, responsabile delle stragi di Bronte, di Biancavilla e di altri paesi della fascia etnea. Raffaele Cadorna, generale, fu inviato a Palermo in occasione della rivolta del 1866. L’indiscriminata repressione provocò diverse migliaia di vittime. Enrico Cialdini, luogotenente a Napoli nel 1861. Fu uno dei maggiori responsabili degli eccidi consumati durante la repressione del brigantaggio. Giuseppe Govone, generale, operò nella valle del Liri e poi in Sicilia, introducendo nell’isola “uno stato di emergenza e di dittatura delle autorità militari, effettuando massicci rastrellamenti di renitenti, di sospetti, di evasi dalle carceri e di pregiudicati” (Franco Molfese, Storia del Brigantaggio dopo l’Unità, pag. 280). Alfonso La Marmora, generale, prese il posto di Cialdini a Napoli e ne continuò la feroce opera di repressione. Definì “branco di carogne” i soldati borbonici deportati in nord Italia solo perché non intesero passare nell’esercito sabaudo. Giuseppe Pica, deputato. Insieme al toscano Peruzzi fu il presentatore della legge che instaurò in diverse province meridionali lo stato d’assedio (cosiddetta legge Pica). Questa legge comportò la strage di migliaia di persone incolpevoli e una guerra fratricida. Ferdinando Pinelli, generale di brigata, ordinò repressioni e violenze inaudite nel Piceno, Teramano ed Aquilano fucilando tutti coloro che “con parole o con denaro o con altri mezzi eccitassero i villici ad insorgere” oppure “con parole od atti insultassero lo stemma di Savoia, il ritratto del re, la bandiera nazionale”. Pietro Quintini, colonnello, particolarmente famigerato per la strage di Scurcola Marsicana (AQ) del 22 gennaio 1861, dove ordinò il massacro dei prigionieri. Gaetano Sacchi, generale, comandante della divisione militare di Catanzaro. Mise a ferro e fuoco l’intera provincia. Silvio Spaventa, quale direttore dell’Interno e di polizia del governo luogotenenziale a Napoli, fece fucilare, imprigionare e deportare moltissimi meridionali, talvolta solo perché tiepidi nei confronti del nuovo Stato unitario. Fu definito “una canaglia” dallo stesso Alfonso La Marmora.
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