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Libro degli ospiti - Don Liborio Romano
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 17:01:19 |
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DAL CAMPO DI PRIGIONIA DI FENESTRELLE I PRIMI NOMI DEI SOLDATI NAPOLETANI MORTI DURANTE LA FORZATA DETENZIONE
Il nostro primo studio sui campi di prigionia per soldati Napolitani, apparso sulla rivista L'Alfiere, diede origine ad un piú ampio saggio di Fulvio Izzo sull'argomento (I Lager dei Savoia). Le due ricerche, integrandosi, sono state alla base di una nuova messa a fuoco dell'ultima storia militare del Sud indipendente. Indro Montanelli negò l'esistenza dei campi di concentramento al Nord per soldati meridionali durante le fasi costitutive dell'unità d'Italia; ma, la sua, fu una difesa aprioristica e settaria del principio risorgimentale perché se avesse avuto voglia di documentarsi, ed i nostri studi offrivano la bibliografia inoppugnabile, avrebbe potuto consultare i Carteggi di Cavour, base di partenza per conoscere il problema. Bastava limitarsi al solo volume dedicato all'indice dei precedenti 15 volumi, per trovare a pag. 188 il titolo "prigionieri di guerra Napoletani" con l'indicazione di ben 19 dispacci riportati nel terzo volume "La liberazione del Mezzogiorno" dove si parla diffusamente dei soldati del Sud e del loro triste destino.
Piú autorevoli studiosi della materia hanno invece accolte le nostre ricerche con maggior serietà ed il prof. Roberto Martucci, storico dell'Università di Macerata, ha scritto con coraggio: "il silenzio della piú consolidata riflessione storiografica sull'argomento appena evocato, consentirebbe di ipotizzare l'inesistenza o la non rilevanza del fenomeno dei prigionieri nelle guerre risorgimentali, anche a causa della stessa brevità degli eventi bellici di quella fase storica, generalmente limitati a poche settimane di conflitto. Impressione che risulta rafforzata dalla lettura di testi coevi quali quelli del borbonico Giacinto De Sivo, che dedica poche righe alla questione, o del liberale Nicola Nisco che in proposito tace. Meraviglia di piú il silenzio conservato dal giornalista e politico liberale Raffaele De Cesare, che ha scritto a pochi decenni dagli avvenimenti, sulla base di testimonianze dirette integrate da un'interessante bibliografia, senza tuttavia prestare la minima attenzione al problema. Il fatto poi che neppure il compiuto affresco legittimista di Sir Harold Acton, tracciato in anni a noi piú vicini, si riferisca al tema crepuscolare della prigionia, sembrerebbe autorizzare una presa di distanza dalle poche righe con cui padre Buttà tentò a suo tempo di sfidare l'oblio dei posteri".
La questione assume però contorni del tutto differenti se, abbandonato l'alveo della ricostruzione storiografica, proviamo ad interrogare quell'inesplorato e vasto microcosmo costituito dall'imponente Carteggio del conte di Cavour. Occultati tra migliaia di dispacci troviamo, infatti, una ventina di documenti che evocano a grandi linee una questione non marginale, suggerendo approfondimenti archivistici tali da riempire una pagina restata finora bianca nella storia militare dell'unificazione italiana. Essi aprono anche interessanti prospettive di ricerca riguardo alle relazioni interpersonali tra settentrionali e meridionali e all'uso di alcuni stereotipi divenuti di uso frequente nei decenni postunitari, per qualificare gli appartenenti ai ceti piú umili del cessato Regno delle Due Sicilie.
Sottoscriviamo le parole dello storico con una riserva: la conoscenza del problema relativo alla prigionia dei soldati Napolitani colmerà certamente "una pagina restata finora bianca nella storia militare dell'unificazione italiana" ma andrà a formare, principalmente, il capitolo ricostruito a peritura vergogna di una classe politica e di una dinastia che unificarono in quel modo, "col ferro e col fuoco", Stati di tradizione italiana di gran lunga superiore a quella del Piemonte.
Tornando ai nostri studi dobbiamo registrare un passo in avanti della ricerca, divenuta ormai un tema caro a tanti studiosi che si sentono eredi, oltre che discendenti, del cessato Regno delle Due Sicilie. Il passo in avanti riguarda la situazione del campo di concentramento di Fenestrelle. Questo luogo, situato a quasi duemila metri di altezza, sulle montagne piemontesi, divenne la base di raggruppamento dei soldati borbonici piú ostinati: quelli, per intenderci, che non vollero finire il servizio militare obbligatorio nell'esercito sabaudo, quelli che si dichiararono apertamente fedeli al Re Francesco II, quelli che giurarono aperta resistenza ai piemontesi.
Il luogo non era nuovo a situazioni del genere perché già Napoleone se ne era servito per detenervi i prigionieri politici ed un illustre Napoletano, don Vincenzo Baccher, il padre degli eroici fratelli realisti fucilati dalla repubblica partenopea il 13 giugno del 1799, vi aveva passato 9 anni, dal 1806 al 1815, tornando a Napoli alla venerabile età di 82 anni.
A Fenestrelle, quindi, giunsero i primi "terroni" ed in questo luogo molti di essi cessarono di vivere. Il numero di coloro che trovarono la morte non è certo perché le cronache locali parlano di migliaia di soldati prigionieri morti ma non registrati. I loro corpi venivano gettati, "per motivi igienici", nella calce viva collocata in una grande vasca situata nel retro della chiesa che sorgeva all'ingresso del Forte. Il personale addetto alla fortezza conferma ancora oggi l'esistenza della vasca.
Ma a Fenestrelle funzionava anche un ospedale da campo dove furono ricoverati alcuni prigionieri. Coloro che morirono nell'ospedale vennero annotati nel libro dei morti di Fenestrelle e la Provvidenza ha permesso che alcune annate del libro parocchiale dei morti si sia potuto consultare, anche se molto velocemente.
Il dottor Antonio Pagano, accompagnato dal dott Piergiorgio Tiscar, discendente del maggiore don Raffaele Tiscar de los Rios, capitolato a Civitella del Tronto, recatosi il 22 maggio scorso a Fenestrelle in sopralluogo per organizzare la commemorazione dei nostri prigionieri che si terrà sabato 24 giugno, ha visionato il libro dei morti ed ha stilato velocemente l'elenco che ora si pubblica. I registri del 1860 e del 1861 sono scritti in francese ed i nostri soldati vengono definiti "prigionieri di guerra napoletani". I registri del 1862, del 1863, del 1864 e del 1865 sono scritti in italiano e definiscono i prigionieri morti "soldati cacciatori franchi". Mancano all'appello i registri dal 1866 al 1870 perché prestati ad uno studioso di Torino. Avremmo modo, in futuro, di colmare la lacuna e correggere eventuali errori di trascrizione
Elenchiamo ora i nomi dei nostri Caduti con religiosa emozione al fine di restituire alla loro memoria, dopo 140 anni, gli onori ed il rispetto che meritano per il sacrificio sopportato.
* ANNO 1860 1. Garloschini Pietro, m. 1.10, di Montesacco (?) 2. Conte Francesco, m. 11.11, di Isernia, anni 24 3. Leonardo Valente, m. 23.11, di Carpinosa, anni 23 4. Palatucci Salvatore, m. 30.11, di Napoli, anni 26 5. Suchese (?) Francesco, m. 30.11, di Napoli * ANNO 1861 1. Scopettino Matteo, m. 24.8, di Chieti, anni 22 2. Miggo Salvatore, m. 7.10, di Galatina (Lecce) anni 24 * ANNO 1862 1. Donofrio Carmine, m. 16.1, di Villamagna (Chieti) , anni 27 2. Caviglioli Marco, m. 29.1, di Cosciano (?) 3. Palmieri Biagio, m. 5.2, di Teano, anni 23 4. Visconti Domenico, m. 16.4, di Cosenza, anni 28 5. Mulinazzi Francesco, m. 20.7, di Benevento, anni 24 6. Gentile Rocco, m. 24.7, di Avellino, anni 25 7. Leo Vincenzo, m. 18.9, di Veroli (Frosinone), anni 26 8. Lombardi Nicola, m. 25.9, di Modigliano (?) 9. Vettori Antonio, m. 7.11, di Amantea, anni 26 * ANNO 1863 1. Mazzacane Cristoforo, m. 18.2, di (?) 2. Pripicchio Raffaele, m. 21.3, di Paola, anni 23 3. Giampietro Giovanni, m. 9.5, di Moliterno, anni 28 4. Milotta Giuseppe, m. 23.5, di Sala, anni 24 5. Spadari Ruggero, m. 25.5, di Barletta, anni 24 6. Serbo Tommaso, m. 17.8, di Triolo - Gareffa (?), anni 26 7. Gaeta Giordano, m. 11.10, di Pellizzano (Salerno), anni 32 8. Gorace Domenico, m. 15.12, di Palma, anni 32 9. Grossetti Angelo, m. 23.12, di Mura (Vestone), anni 25 * ANNO 1864 1. Masareca Giuseppe, m. 20.1, di Basilicata, anni 22 2. Morino Santo, m. 29.1, di Mussano (Lecce), anni 26 3. Pastorini Andrea, m. 16.2, di Maregno (?), anni 27 4. Montis Salvatore, m. 24.4, di Tramalza (?) 5. Palermo Giovanni, m. 12.5, di Atripalda, anni 32 6. Cirillo Salvatore, m. 17.5, di Boscotrecase (Napoli), anni 32 7. Pellegrini Massimiliano, m. 11.6, di Colorno (?), anni 26 8. Mossetti Antonio, m. 5.7, di Montalbano Jonico, anni 22 9. Di Giacomo Pasquale, m. 8.7, di Sessa Aurunca, anni 23 10. Giannetto Antonio, m. 19.7, di Zarca (?), anni 30 11. Davarone Francesco, m. 25.7, di Avellino, anni 26 12. Carpinone Cosimo, m. 4.11, di Fossaceca, anni 31 13. Bononato Carmelo, m. 17.11, di Belvedere, anni 27 14. Melloni Antonio, m. 20.11, di Sersini (?), anni 24 * ANNO 1865 1. Laise Nunziato, m. 25.1, di Cetrara, anni 24 2. Barese Sebastiano, m. 30.1, di Montecuso, anni 26 3. Catania Angelo, m. 11.2, di Ischitella, anni 22 4. Pessina Luigi, m. 21.2, di Gragnano, anni 27 5. Mossuto Giuseppe, m. 1.4, di Moriale, anni 25 6. Guaimaro Mariano, m. 8.4, di Sala Consilina, anni 30 7. Torrese Andrea, m. 11.5, di Avenza, anni 21 8. Colacitti Salvatore, m. 15.5, Montepaone, anni 24 9. Santoro Giuseppe, m. 20.5, di Sattaraco (?), anni 27 10. Tarzia Pietro, m. 31.5, di Valle d'Olmo, anni 24 11. Palmese Tommaso, m. 6.9, di Saviano, anni 24 12. Ferri Marco, m. 11.10, di Venafro, anni 24
Elenco compilato a Fenestrelle Il giovedí 25 maggio 2000, alle ore 12,30, da: - Antonio Pagano - Pier Giorgio Tiscar
Questi soldati del Sud finirono i loro giorni in terra straniera ed ostile, certamente con il commosso ricordo e la struggente nostalgia della Patria lontana. Erano poco piú che ragazzi: il piú giovane aveva 22 anni, il piú vecchio 32. Se non fossero stati relegati a Fenestrelle probabilmente sarebbero divenuti "briganti" e, forse, anche per questo motivo, furono relegati a Fenestrelle, fortezza del liberale piemonte, dove, entrando, su un muro è ancora visibile l'iscrizione: "OGNUNO VALE NON IN QUANTO E' MA IN QUANTO PRODUCE" . Motto antesignano del piú celebre e sinistro slogan che si poteva leggere nei lager nazisti: "ARBEIT MACHT FREI".
Non deve destare meraviglia l'abbinamento perché la guerra del risorgimento, come ha giustamente osservato di recente Ulderico Nisticò, fu una guerra ideologica. E la guerra ideologica non può che concludersi con lo sterminio del "nemico".
FRANCESCO MAURIZIO DI GIOVINE |
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:54:17 |
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Legge Pica: " Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati)
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:52:09 |
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Un ulteriore passo avanti nella studio di questa fase poco "chiara" del post unificazione è stato fatto recentemente, quando un ricercatore trovò dei documenti presso l'Archivio Storico del Ministero degli Esteri attestanti che, nel 1869, il governo italiano voleva acquistare un'isola dall'Argentina per relegarvi i soldati napoletani prigionieri, quindi dovevano essere ancora tanti [6]. Questi uomini del Sud finirono i loro giorni in terra straniera ed ostile, certamente con il commosso ricordo e la struggente nostalgia della Patria lontana. Molti di loro erano poco più che ragazzi [7].
Era la politica della criminalizzazione del dissenso, il rifiuto di ammettere l'esistenza di valori diversi dai propri, il rifiuto di negare ai "liberati" di credere ancora nei valori in cui avevano creduto. I combattenti delle Due Sicilie, i soldati dell'ex esercito borbonico ed i tanti civili detenuti nei "lager dei Savoia", uomini in gran parte anonimi per la pallida memoria che ne è giunta fino a noi, vissero un eroismo fatto di gesti concreti, ed in molti casi ordinari, a cui non è estraneo chiunque sia capace di adempiere fedelmente il proprio compito fino in fondo, sapendo opporsi ai tentativi sovvertitori, con la libertà interiore di chi non si lascia asservire dallo "spirito del tempo".
STEFANIA MAFFEO |
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:50:40 |
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MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD
di STEFANIA MAFFEO
Le atrocità commesse dai Piemontesi si volsero anche contro i magistrati, i dipendenti pubblici e le classi colte, che resistettero passivamente con l'astensione ai suffragi elettorali e la diffusione ad ogni livello della stampa legittimista clandestina contro l'occupazione savoiarda. Particolarmente eloquente è anche un brano tratto da Civiltà Cattolica: "Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie". |
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:47:04 |
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MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD
di STEFANIA MAFFEO
Il "lager" di Fenestrelle. La ciclopica sabauda cortina bastionata
Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863 "… per la repressione del brigantaggio nel Meridione".
Questa legge istituiva, sotto l'egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca, le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall'emigrazione forzata, nell'inesorabile comandamento di destino: "O briganti, o emigranti".
Lemkin, che ha definito il primo concetto di genocidio, sosteneva: "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
Deportazioni, l'incubo della reclusione, persecuzione della Chiesa cattolica, profanazioni dei templi, fucilazioni di massa, stupri, perfino bambine (figlie di "briganti") costretti ai ferri carcerari. Una pagina non ancora scritta è quella relativa alle carceri in cui furono rinchiusi i soldati "vinti". Il governo piemontese dovette affrontare il problema dei prigionieri, 1700 ufficiali dell'esercito borbonico (su un giornale satirico dell'epoca era rappresentata la caricatura dell'esercito borbonico: il soldato con la testa di leone, l'ufficiale con la testa d'asino, il generale senza testa) e 24.000 soldati, senza contare quelli che ancora resistevano nelle fortezze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto.
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:42:00 |
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Josè Borges "LA FINE DI UN EROE" di Valentino Romano
E’ la fine! Borges, circondato, è costretto ad arrendersi, non prima però di aver ottenuto la promessa della salvezza della sua vita e di quella dei suoi. Idealista fino alla fine, si congratula dell’altrui valore dicendo rassegnato al nemico piemontese: "Andavo a dire a Re Francesco II che non vi sono che miserabili e scellerati per difenderlo, che Crocco è un sacripante e Langlais un bruto..". Da vero ufficiale - porge la sua spada al vincitore, ma questi la rifiuta, considerandolo solo un brigante. I prigionieri sono portati a Tagliacozzo e - sul far della sera dell’otto - frettolosamente fucilati, dopo essersi rifiutati di fornire notizie e fare i nomi di chi li aveva aiutati. Prima dell’esecuzione della sentenza uno dei condannati (Pedro Martínez) chiede un foglio e scrive, a nome di tutti: "Gesù e Maria. Noi siamo tutti rassegnati ad essere fucilati; Addio. Ci ritroveremo nella valle di Giosafat; pregate per tutti noi". Ricevono tutti la confessione, si abbracciano, s’inginocchiano ed una scarica di moschetto alle spalle interrompe l’ultima litania spagnola recitata da Borges e da tutti gli altri. |
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Rosario Mastroleo |
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venerdì, 19 giugno 2009 16:13:01 |
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Dal Diario di Borjes ... "La mia vita tra i briganti" a cura di Tommaso Pedio
Ultimi scritti di Borjes sul suo diario
27 Novembre 1961 ... (Borjes dopo aver litigato con Crocco e il generale Langlois, capisce che non può continuare la lotta perchè ognuno ha vedute diverse, nonostante le vittorie riportate, decide di lasciare tutto e andare a Roma da Francesco per richiedere nuove truppe) "Mezzogiorno. Facciamo alto nel centro del bosco senza aver pane: la banda si scioglie. Mezzogiorno e mezzo. Ci prepariamo a marciare, ma non so dove; se la direzione che prenderanno non mi andrà a genio, prenderò la via di Roma. Tre ore della sera. Scena disgustosa. Crocco riunisce i suo antichi capi di ladri e dà loro i suoi antichi accoliti. Gli altri soldati sono disarmati violentemente; prendoro loro in specie i fucili rigati e quelli a percussione. Chiedono di servire per un pò di pane: non più soldo, dicono essi: ma questi assassini sono inesorabili. Si danno in braccio a capitani della loro tempra, e li congedano dopo un digiuno di due giorni. Tutto ciò era sconcertato, ma lo si nascondeva con astuzia. Alcuni soldati venivano da me piangendo, mi prendervano le mani e me le baciavano dicendo: "Tornate con una piccola forza, e ci troverete pronti a seguirvi". Per conto mio pregai Crocco di salvar questa gente, e piangendo con i soldati, per quanto era in mio potere, cercai di consolarli"
29 Novembre " Abbiamo marciato tutta la notte"
30 Novembre "Abbiamo marciato assai, e vinti dalla fatica facciamo alto"
Il 9 Dicembre 1961 a Tagliacozzo Borjes tradito dalla sua guida viene catturato |
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